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Famiglia, lavoro, sport

Quando la società ci chiede di essere ovunque (e come sopravvivere)

Per questo terzo articolo del blog, voglio mettere da parte per un attimo il lato professionale e parlarvi di me come persona. Di quella strana sensazione di essere costantemente tirato in tre direzioni diverse, tra famiglia, lavoro e passioni.

La famiglia: il mio porto (e la mia ansia)

Chi mi conosce sa che la mia vita ruota attorno a una famiglia strepitosa: due figlie con caratteri opposti che ogni giorno mi insegnano qualcosa, e una moglie con cui condivido non solo la vita, ma anche una passione che ci lega in modo speciale (ne parlo dopo).

Eppure, più amo la mia famiglia, più mi assale un’ansia sottile: "Faccio abbastanza per garantirle un futuro sereno?". Il problema? Non esiste un traguardo definitivo. Appena raggiungo un obiettivo, ne spunta uno nuovo ancora più grande. Il risultato? Lavoro più ore di quante ne abbia il giorno, la mente sempre proiettata sul prossimo progetto, e spesso arrivo a casa con le batterie scariche.

Il lavoro: adrenalina e esaurimento

Il mio lavoro mi appassiona, mi stimola, a volte mi esalta. Altre volte mi prosciuga. È un circolo vizioso: più mi impegno, più ottengo risultati, più alzo l’asticella. E mentre lo faccio, mi chiedo: "Ma quando è abbastanza?".

La società moderna ci spinge a essere sempre performanti, a non fermarci mai. I nostri genitori lavoravano sì, ma forse con un’idea diversa del "successo". Oggi, invece, sembra che se non corri, sei fuori. E il senso di inadeguatezza è sempre in agguato.

Lo sport: la passione che unisce (e che ruba tempo)

Qui arriva il colpo di scena: oltre a famiglia e lavoro, c’è lo sport. Io e mia moglie Simona siamo entrambi allenatori di canottaggio (io con i Corsari della LNI di Sestri Levante, lei con il gruppo della L.N.I. di Chiavari e Lavagna). È una passione che ci ha unito, ma che richiede tempo, energia e sacrifici.

Chi fa sport sa cosa significa: allenamenti, gare, riunioni, trasferte. È un altro mondo che si aggiunge agli altri due, e a volte mi chiedo: "Ma non è troppo?".

Il trinomio impossibile (o forse no?)

Ecco il punto: sono felice della mia vita. Amo ogni parte di questo caos. Ma a volte mi domando:

  • Quanti come me vivono questa stessa lotta tra famiglia, lavoro e passioni?
  • Come fanno a non sentirsi in colpa quando dedicate tempo a un ambito con il rischio che gli altri ne soffrano?
  • Perché la società moderna ci spinge a riempire ogni minuto della nostra vita, come se fermarsi fosse un fallimento?

Io non ho risposte, ma so che spesso mi sento come un giocoliere che cerca di tenere in aria troppe palle. Eppure, c’è una cosa di cui sono sicuro: in tutto quello che faccio, ci metto il 100%. Forse è questo che conta davvero.

E voi? Vi ritrovate in questa situazione? Come gestite il vostro "trinomio" quotidiano? Se vi va raccontatemi la vostra esperienza nei commenti!

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